L’innovazione? Spazi conviviali più comodi
A determinare il successo di una persona – o di un’organizzazione, di un’azienda, di un progetto – non sono le qualità personali. O non solo: sono le reti.
Ne è convinto Albert-Laszlo Barabasi, che dirige il Center for complex network research della Northwestern university di Boston e ne ha scritto sul libro La formula, pubblicato in edizione italiana da Einaudi prima dell’inizio dell’estate 2019. (1) Le duecento pagine sono piene di consigli utili, molti dei quali riguardano le innovazioni e confermano che molte di queste non presuppongono grandi investimenti: anzi, sono quasi gratuite.
Innovation is a group phenomenon. Alex ‘Sandy’ Pentland
Barabasi racconta alcuni dei programmi di ricerca di Alex ‘Sandy’ Pentland, che dirige il Media lab entrepreneurship program del Massachusetts institute of technology ed è stato inserito da Forbes tra i sette data scientist più influenti del mondo (chissà perché proprio sette). Programmi di ricerca che riguardano anche “le chiacchiere del genere antiquato e informale, quando le persone si guardano negli occhi, parlano animatamente, condividono storie, trovano il tempo per ridere, porre domande e ascoltare.” Ebbene, cosa ha “scoperto” Pentland? Che le e-mail e i dialoghi all’inizio o alla fine di un turno o di una giornata di lavoro possono essere “pertinenti”, ma offrono poche occasioni per la conversazione, il pettegolezzo e la soluzione spontanea dei problemi. “In effetti – scrive Barabasi – le e-mail dimostravano di essere la forma meno preziosa di comunicazione. Erano troppo efficienti. A essere davvero importanti erano le chiacchiere intorno al proverbiale distributore d’acqua: tempo sprecato dal punto di vista del direttore.”
Chiacchierando alla macchinetta del caffè non si perde tempo, come potrebbe sembrare, ma si consolidano le relazioni. Per questo, in qualsiasi organizzazione i dirigenti dovrebbero incoraggiare le chiacchiere informali e – addirittura – non disincentivare le conversazioni ‘parallele’ durante le riunioni perché servono a creare armonia tra i componenti del gruppo, aiutano a chiarire rapidamente i problemi e favoriscono il pensiero creativo. “L’innovazione è un fenomeno di gruppo”, sostiene Pentland. “E le persone più creative sono in realtà quelle che vanno in giro e raccolgono idee da un sacco di altra gente, che gioca con loro, rimbalzando in direzione di altre persone.”
Una parte della ricerca di Pentland è stata svolta nei call center, considerati un luogo tipicamente attento ad evitare di “far perdere tempo” agli operatori. Ma le stesse dinamiche sono state confermate da studi sul personale ospedaliero addetto al trattamento postoperatorio, sugli impiegati che lavorano agli sportelli bancari o nei reparti marketing. “Le squadre che comunicavano con autentico spirito di corpo – leggiamo nel libro di Barabasi – tendevano a essere più produttive e quelle che trovavano un equilibrio tra l’impegno nei confronti del proprio gruppo e l’attenzione al contributo che poteva giungere dall’esterno erano più creative.” Cercare di ricavare nuove prospettive e far proprie le intuizioni di persone diverse sembra essere una componente essenziale tra quelle che possono determinare le prestazioni di una squadra.
Conviene “investire in tavoli della mensa più spaziosi.” Pranzare vicino a qualcuno con cui non ci si aspettava di parlare offre l’opportunità di riconoscere sfide comuni e ricavare nuove prospettive. La comunicazione migliore avvantaggia tutti e, quindi, il lavoro condiviso: la conversazione, il dialogo informale, la consuetudine costruiscono reti. Ma c’è un fattore probabilmente ancora più importante: far sì che tutti ne siano consapevoli, perché solo in questo modo possono eventualmente migliorare il proprio modo di stare – e fare progetti – con gli altri.
- Barabasi A-L. La formula. Le leggi universali del successo. Torino: Einaudi, 2019.
- Daisley B. The surprising secret of workplace creativity. Convervsation with A. Pentland. Eat sleep work repeat 2018; 21 settembre.
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