La sicurezza di un Toscano tra le dita
Qualche volta c’è da consolarsi nello scoprire che di una parola inglese non c’è corrispettivo italiano. Prendi stakeholder. Stake: the prize in a contest; a share or an interest in an enterprise, especially a financial share; a personal interest or involvement. Parliamo dunque soprattutto di interessi economici o finanziari, di poste in gioco. Detenute da qualcuno (holder).
Che una parola del genere sia sempre più usata quando si parla di salute non è un segnale tranquillizzante.
Se il servizio sanitario è pubblico vuol dire che l’interesse da perseguire è quello delle persone che abitano quel paese e che domandano equità, solidarietà e appropriatezza delle cure e nella definizione delle politiche sanitarie. L’ha detto molto meglio di così Roberto Grilli, nel raccontare in quindici minuti il senso che la valutazione della sanità aveva per Alessandro Liberati. “Valutazione della sanità” e non valutazione delle tecnologie sanitarie, perché prima ancora degli strumenti della clinica sono i modelli organizzativi e le strategie di erogazione della cura a dover essere costantemente controllati e, se necessario, messi in discussione. Alessandro lo spiegava molto chiaramente in questa intervista (è montata insieme ad una conversazione, sullo stesso tema, con Tom Jefferson: guardala su YouTube).
Non a caso prendeva due esempi – come il setting di cura del malato diabetico e e del paziente oncologico nella prosecuzione della assistenza della fase acuta – di straordinario impatto sul servizio sanitario. Per riuscire in questo obiettivo – quello della continua vigilanza – è indispensabile adottare un atteggiamento orientato alla ricerca che, come mezzo per dare risposta alle domande che nascono nel quotidiano, è il principale volano per il cambiamento.
Ascoltandolo, mi chiedevo cosa dicessero le parole di Roberto ai ragazzi seduti nelle ultime file: che la valutazione in sanità veda al centro il malato e non la tecnologia si sente dire di rado, nei master. Ho avuto l’impressione – forse frutto di un’illusione – si sia interrotto almeno per qualche minuto il frenetico texting sugli smartphone. Non c’era la noia dei punti elenco di diapositive. Non c’erano neanche prodotti da vendere, nel racconto di chi parlava senza smarrirsi mai nei ricordi di trent’anni vissuti insieme. Alla fine, alzarsi in piedi e applaudire è stato omaggio sì ad Alessandro, ma anche all’amico che tormenta i Toscani, capace di concentrare sulle proprie parole l’attenzione e il rispetto di duecento persone anche diverse da lui. E ho pensato che aveva ragione Thomas Mann.
“With a good cigar in his mouth a man is perfectly safe, nothing can touch him, literally.”
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